Medici in trincea

Domenica 05 Agosto 2018 15:19
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MEDICI  in  TRINCEA

In queste ultime settimane abbiamo assistito ad una vera e propria esposizione mediatica negativa dei Servizi Ospedalieri italiani.
Dal Nord al Sud d'Italia è stato un susseguirsi di notizie preoccupanti e imbarazzanti che riguardavano disservizi: carenza di medici, affollamento dei pronto soccorso, aggressioni ai medici, chiusura di interi reparti, etc..

In tutti questi episodi, logicamente, non è mancato il processo ai medici ospedalieri che sono stati dipinti come irresponsabili, assenteisti e/o poco professionali. Ma la realtà dei fatti è un’altra: la nostra categoria professionale sta cercando - sola più che mai e spesso disunita - di continuare a svolgere al meglio il proprio dovere.  ... (continua) ...

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Perfettamente consci di essere stati esautorati da qualsiasi responsabilità gestionale in questi ultimi 12 anni,  gli Ospedalieri hanno dovuto accettare di doversi confrontare con i problemi determinati dalla "mala gestio" assumendo su di sé colpe non proprie, in quanto minacciati anche da una normativa dirigistica della Pubblica Amministrazione sul comportamento e sulle esternazioni dei dipendenti.

La carenza di personale e di fondi, con strutture ospedaliere vetuste, prive della più elementare manutenzione ordinaria, spesso fuori norma, ricade su medici che si trovano a fronteggiare una opinione pubblica aizzata contro la categoria da Ministri irresponsabili [l'on. Brunetta ci definì "Fannulloni" (2008) non riusciamo a dimenticarlo], gli Avvocati suggeriscono ricorsi a valanga contro qualsiasi atto medico, le Regioni invece di preoccuparsi di risparmiare sulle cose inutili, tagliano i fondi destinati ai minimi stipendiali stabiliti dai Contratti di lavoro. Stante queste condizioni, il lavoro in ospedale può essere definito una vera e propria "battaglia di trincea", tra pazienti che giustamente si lamentano delle carenze supportate da immagini e filmati prodotti - talvolta in modo alterato e capzioso  - con i telefonini, l’opinione pubblica pronta a emettere sentenze demagogiche, Amministratori pronti a giubilare Colleghi meritevoli ma privi di protezione politica.

La verità è che il Sistema Sanitario Nazionale, affidato impropriamente a persone prive dell'esperienza del contatto con l'utenza, ha progressivamente perso quelle caratteristiche di "garanzia" scritte in "Costituzione", rivolte soprattutto alla tutela del cittadino nelle condizioni di urgenza-emergenza.
Sì, il Sistema Sanitario Nazionale, sviluppatosi negli anni 90 si sta lentamente sgretolando perché incapace di stare al passo con l'evoluzione del settore e delle esigenze della popolazione sempre più anziana.
Ha perso quelle caratteristiche di gratuità e di tutela dei più deboli, di cui non riesce più a soddisfare le più elementari richieste.
Il quadro è drammatico: 12 mila posti di lavoro medico in meno, l'impossibilità economica di aggiornare i macchinari per stare all'avanguardia sia per la diagnosi che per la terapia, la regionalizzazione della sanità che crea strutture "di campanile", l'aumento della richiesta di esami dovuta all'invecchiamento della popolazione, le liste d'attesa infinite a dimostrazione della discrepanza tra domanda e possibilità di soddisfarla.

A causa della crisi si è andati incontro ad una politica di "tagli lineari" che, insieme al cattivo utilizzo delle risorse rimanenti, al blocco delle assunzioni imposto per legge, all'aumento del personale che non ha contatto con i pazienti (i posti più ambiti), la riduzione indiscriminata dei "posti-letto", etc.,  ha impoverito la qualità del servizio offerto dalle strutture sanitarie e allo stesso
tempo ha comportato la chiusura, senza criterio, di interi reparti impossibilitati a proseguire le loro attività per un turn-over delle assunzioni totalmente inadeguato.

Purtroppo siamo convinti che la situazione andrà peggiorando perché, con l'inserimento del numero chiuso nella facoltà di medicina, si è creata l'impossibilità di compensare i pensionamenti dei medici almeno fino al 2025. Aumenterà quindi la carenza di medici cui qualche Azienda cerca di porre riparo andando ad assumere medici non europei.  Questo fatto, non farà che indebolire le strutture ora funzionanti, creando verosimilmente problemi ancora maggiori per i reparti più in crisi:  ginecologia, ortopedia, chirurgia e radiologia, sono già disertate sempre più dagli studenti per l'elevato rischio di richieste di risarcimento, in cui oggi, a seguito dell'applicazione impropria dell'articolo 13 della Legge 24/2017 (Gelli), vengono coinvolti i medici di interi reparti e non più un solo medico.  Le spese per difendersi da tutto ciò, rimane spesso a carico del medico in assoluta dissonanza dagli artt. 24 e 25 del CCNL 2000.
La demagogia ha portato alcuni fini gestori della Sanità ad identificare nella Libera Professione Intramoenia uno dei motivi di allungamento delle liste d'attesa e di altri disservizi, quasi a rigettare sulle spalle dei Medici tutte le cause che, secondo il parere comune tra i medici, riguardano esclusivamente la loro incapacità a gestire correttamente la Libera professione e studiare i fenomeni di massa.
La politica deve quindi fare un passo indietro rispetto ai compiti gestionali e ritornare ad una funzione di studio, di indirizzo e controllo dei fenomeni sociali di tipo sanitario, lasciando l'aspetto gestionale a tecnici che non siano una emanazione dei centri temporanei del  potere. 
Questa grave miopia gestionale ha colpito molteplici livelli della catena decisionale della Sanità. 
Sono stati commessi errori gravi a livello nazionale, regionale e aziendale. 
Non è stato studiato un rinnovo radicale della medicina di base, che assorbe tante risorse e intercetta sempre meno i bisogni della popolazione; anzi, assistiamo ormai ad un rifiuto di recarsi dal proprio medico se non per la ripetizione delle ricette (dopo che l'assistito ha lasciato il foglietto di richiesta nella buca delle lettere dell'ambulatorio).
Le persone preferiscono rivolgersi direttamente ai Pronto Soccorso dove evidentemente trovano - nonostante tutte le carenze lamentate - risposte migliori e tempestive. Questa considerazione da la misura della necessità di riformare la Medicina di Base; da anni non trova risposta il fatto che la Medicina territoriale non riesce (o non vuole?) adempiere appieno ai propri doveri, conscia che la Medicina Ospedaliera deve obbligatoriamente dare una risposta pronta ed efficace a tutte le domande di salute, essa può "chiudere" quando vuole.
Il sovraccarico dei Servizi dell'Emergenza, Pronto Soccorso compresi, non ha fatto altro che avvantaggiare il settore privato che, non dovendo rispondere del servizio di garanzia emergenza/urgenza, può aprire e chiudere reparti interpretando le esigenze del momento, offrendo così un'alternativa immediata agli utenti insoddisfatti e a quelli che non vogliono attendere mesi per un esame. A pagarne le conseguenze sono le famiglie, e gli italiani in generale, che vedono il S.S.N. disintegrarsi lentamente di fronte ai loro occhi, pur in assenza di modifiche delle norme di legge che sono state alla base della sua istituzione. 
Occorre anche aggiungere che ormai il medico ospedaliero è il parafulmine dell’insoddisfazione dei cittadini che sempre più sfogano il loro disagio rendendosi protagonisti di atti violenti e inaccettabili verso il personale medico ed infermieristico.

C’è bisogno di un intervento serio ed efficace per il S.S.N. a partire dalla vera attuazione del DDL Grillo che inasprisca, appunto, le pene nei confronti di chi commette atti violenti contro il personale sanitario.  Costituisce una speranza di un cambiamento di rotta l'attuazione dell’impegno del Ministro Bussetti di allargare il numero di posti disponibili per le Facoltà di Medicina. Certo, passare da 9100 posti a 9800 non è ancora sufficiente per compensare la "gobba pensionistica" dei medici assunti negli anni ''80 e l'emorragia di personale medico dagli ospedali verso la ospedalità privata, in considerazione degli orari e condizioni di lavoro e delle retribuzioni ferme a 12 anni fa e con recenti decurtazioni per riduzione dei "fondi" relativi. 
E' assolutamente necessario invertire la rotta; aumentare il ritmo del turn-over delle assunzioni con concorsi a posti a tempo indeterminato, ripristinare livelli retributivi vicini a quelli dei medici ospedalieri europei, ripristinare sistemi premianti, sempre promessi e mai realizzati se non per pochi predestinati.

Insomma, attendiamo azioni concrete dal Ministro della Salute per far sì che il SSN abbia le risorse necessarie affinché i medici tornino negli ospedali, ricevano soddisfazioni economiche e professionali nello svolgimento del loro lavoro, in modo che i giovani medici, finito il percorso di formazione universitaria, possano ambire a rimanere in Italia e non abbiano l'obiettivo dell'emigrazione come unico sbocco lavorativo.
Per evitare che questo possa accadere servirà offrire condizioni lavorative migliori di quelle di oggi, strumenti, materiali e serenità lavorativa ed economica adeguate ai tempi.
Deve anche essere affrontato a livello nazionale il problema del precariato che, non solo deve cessare attraverso la stabilizzazione, ma deve tornare ad essere "breve", riproponendo una valutazione del periodo ai fini della carriera: come era negli anni passati.
Abbiamo avuto segnalazione di periodi di precariato lunghi 15 anni; queste situazioni sono un segno di inciviltà, soprattutto considerando che dopo 15 anni da precario, un medico si trova - con l'attuale normativa punitiva - a ripartire da "zero" nella carriera professionale ed economica.
Son questi i motivi che stanno portando ad una preoccupante scomparsa di figure fondamentali come chirurghi, radiologi, pediatri e anestesisti che sono imprescindibili per una struttura ospedaliera.

Abbiamo piena consapevolezza che in Italia esistono molti, troppi, Medici che giunti all'età di 30 anni alla agognata Specializzazione, devono rispondere a bandi di concorso per titoli per posti di precario in sedi disagiate, lontane da casa ed antieconomiche; è ovvio che rispondano con maggior favore a proposte di ospedali europei, dove sono pagati meglio, tutelati e incentivati in tutti i modi a migliorarsi nel lavoro. 
Prendendo spunto dal "meglio" degli esempi provenienti dalle nazioni vicine, forse negli ospedali italiani i pazienti potranno tornare ad essere  protagonisti e non vittime.

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