Co.A.S. Medici Dirigenti

Associazione di medici dipendenti ospedalieri Organizzazione di categoria di Medici Ospedalieri Dipendenti dal S.S.N.

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I Vaccini di REPORT

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I  VACCINI  secondo  REPORT

REPORT ha affrontato il problema dei Vaccini in una
puntata che giustamente ha suscitato tra i Medici un
coro di proteste, quasi una rivolta. Uno dei motivi -
se non il più rilevante - è che la RAI è un "servizio
pubblico
" e dovrebbe essere più attenta agli effetti di
ciò che mette in onda. Dovrebbe essere cioè più
cosciente dei "danni collaterali" causati da alcune
affermazioni e dal metodo usato per rappresentare la
situazione. Talvolta questi "danni" sono creati più
dal modo in cui alcuni argomenti - non semplici in
verità - vengono affrontati e trasmessi alla comunità,
che dalle stesse parole utilizzate.

Il parere 
preoccupato
di un Collega
Medico

 

Per Chi 
volesse
rivedere
la puntata
di REPORT

 

La "rivolta medica" cui stiamo assistendo è assolutamente giustificata, il risultato dei vaccini è assolutamente diverso se lo si interpreta in un'ottica di popolazione e di società, ben diverso se si enfatizza qualche raro caso singolo e particolare. REPORT ha affrontato il problema dei Vaccini in una puntata ancora in discussione.
I giornalisti hanno da sempre dato prove assolutamente deleterie in medicina; spesso inseguono l'onda dell'ansia del pubblico di conoscere particolari e novità su situazioni che, a posteriori, sembrano costruite di sana pianta "ad arte". Ricordate sicuramente il caso "Stamina".

Pensate alla differenza che passa tra lo stesso argomento presentato da uno studioso in un lavoro scientifico e lo stesso argomento quando diventa "notizia" pervenendo agli onori della cronaca.
Il "Giornalista" lavora per essere letto e raggiungere il maggior numero di persone; l'obiettivo è essere letto, non affermare la verità. Finisce inevitabilmente per parlare in modo da attrarre l'attenzione del maggior numero di persone e fare sensazione. Altrimenti fallisce. Attua quindi una sorta di "ricostruzione scenica".
Difficile trovare un medico che riesca a guardare per più di 5 minuti primi un film che racconti di un ospedale e parli di medicina o chirurgia. Chi vive quotidianamente quelle situazioni viene immediatamente colpito e poi nauseato da quelle ricostruzioni a tavolino, immaginate, minimizzate, enfatizzate o stressate ad arte (o per incompetenza?) dagli scenografi; dopo pochi minuti si sente costretto a cambiare stanza o cambiare canale.
E' quindi un fatto molto ben conosciuto, e anche studiato: il rifiuto di assistere a ricostruzioni fatalmente approssimative perché create da persone "nuove" di quella materia e, spesso, si tratta di "materie difficili" sia da volgarizzare sia da sviscerare senza essere del ramo. Insomma sono spesso costruite per dimostrare tesi precostituite, ma ancora tutte da dimostrare. Il risultato è il rifiuto di assistervi da parte delle persone che hanno vissuto sulla propria pelle situazioni analoghe.
E' come ragionare sulla "realtà dei fatti" e la "realtà processuale". E' come ragionare sulla interpretazione rapida ed estemporanea dell'arbitro mentre si osserva la stessa scena da una poltrona al video rallentato. Sono aspetti assolutamente diversi dello stesso avvenimento, non si riuscirà mai a farli coincidere (ricordate il film "Rashomon"?).
Così avviene per le ricostruzioni processuali di avvenimenti medico-chirurgici, nel tentativo di ristabilire - anni dopo, e sulla carta - colpe, responsabilità e quantificazioni di danni: tutto Kafkiano; del tutto fuori dalla realtà. Fatti svoltisi in pochi secondi che vengono riassunti in pagine e pagine, in cui ciascuno offre la sua versione in relazione alle proprie esperienze.
E' quindi la solita e conosciuta distanza tra realtà e fantasia, tra oggetto reale e l'idea dell'oggetto, tra fisica e metafisica su cui l'uomo si arrovella da 2500 anni. Da Platone in poi.