Co.A.S. Medici Dirigenti

Associazione di medici dipendenti ospedalieri Organizzazione di categoria di Medici Ospedalieri Dipendenti dal S.S.N.

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Norme Orari e Riposi Medici

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Le Norme da rispettare nella compilazione degli

Orari di Servizio dei Medici Dirigenti

(dedicato a chi subisce gli ordini di servizio, a chi compila gli orari, a chi li firma e deve difendersi dalle Sanzioni)

Poiché continuano non solo a pervenire richieste di precisazione da parte di Medici di tutta Italia, ma osserviamo che le pagine del sito dedicate a questo argomento sono visualizzate un rilevante numero di volte, considerata la dimostrata fiducia degli affezionati lettori che speriamo sia dovuta all'impegno dedicato alla stesura di queste pagine, con il testo odierno (Link al testo in formato pdf) cerchiamo di sintetizzare le norme su cui non c'è niente da discutere, quelle su cui persiste una modesta incertezza e le interpretazioni di comodo che parte delle Regioni hanno fatto e saranno probabile motivo di ulteriori contestazioni e ricorsi.

 

L'applicazione delle norme europee contenute nella Legge 66/2003 e sue modificazioni (Link) comportano i seguenti effetti sull'orario di lavoro :

1) Norme da applicare senza che vi siano dubbi :

  • Ad ogni dipendente spettano 11 ore di riposo nell'arco delle ultime 24 ore; queste vanno calcolate dal momento di inizio dell'ultimo turno di servizio prima del riposo.

Questa norma significa che se il medico dipendente svolge un servizio “8–14” oppure “8–16” oppure “8–20”, non può riprendere servizio dopo il termine del servizio prima di aver riposato per undici ore continuative, indipendentemente dal cambio data, cioè rispettivamente : all'una, alle tre ed alle sette del mattino del giorno successivo (Link all'art. 7).

  • Limite massimo di lavoro continuativo: 12 ore e 50 minuti nell'arco delle ultime 24 ore, a partire dall'inizio del turno di servizio.

Il limite massimo di lavoro giornaliero – peraltro senza riferimento al cambio di data durante il lavoro o il successivo riposo – è di 13 ore (infatti le 11 residue devono essere necessariamente di riposo); anzi, 12 ore e 50 minuti perché devono essere sottratti 10 minuti di riposo (Link al comma 1 dell'art. 8) dopo le prime sei ore continuative di lavoro.

  • All'orario di lavoro settimanale viene attribuito il limite massimo di 48 ore settimanali.

Questo limite deve peraltro intendersi come un limite elastico in quanto è un limite “medio” da valutarsi nell'ambito di un quadrimestre, cioè 17 settimane consecutive circa. L'orario settimanale di lavoro viene peraltro ricordato che è contrattualmente di 38 ore (Link comma 2, art. 14 CCNL 2002-2005), di cui 34 ore e 30 minuti destinati all'attività assistenziale, mentre 3 ore e 30 minuti sono da destinare all'aggiornamento anche in forma cumulativa.

  • Riposo settimanale di 24 ore consecutive.

Non vi possono essere deroghe: un dipendente ha diritto nell'arco della stessa settimana a 24 ore consecutive di riposo, possibilmente coincidenti con la domenica; se anche questa giornata di riposo fosse “inquinata” dalla reperibilità, è d'obbligo che il mancato riposo venga recuperato nei giorni successivi come riposo di 24 ore continuative, senza però che il dipendente decada dal dovere di prestare le abituali 38 ore di servizio settimanali. Ciò significa che nella settimana successiva potrà pretendere che le sue 38 ore siano distribuite su cinque giorni invece che su sei.

2) Norme su cui esistono incertezze e possibilità interpretative diverse :

  • Gli orari aggiuntivi svolti per conto dell'Azienda sono da considerare nell'orario di servizio della settimana.

    Tali sono le prestazioni aggiuntive svolte a tariffa concordata con un obiettivo preciso determinato dall'Azienda: sono ad esempio le notti ex-art. 55 e le ore di straordinario programmato e finalizzato.

    E' dubbio se le prestazioni in Lib.Prof. Pura (cioè svolta in locali dell'Azienda, in orario stabilito dall'Azienda e verificato dall'Azienda mediante timbratura con causale, con personale aziendale e in locali messi a disposizione e controllati dall'Azienda, per prestazioni prenotate attraverso il servizio CUP dell'Azienda ed a cui partecipa personale dell'Azienda, prestazioni fatturate dall'Azienda e dalle quali la stessa Azienda ricava un utile, metodica messa in essere secondo le norme della cosiddetta Legge Balduzzi) per questa Libera Professione riteniamo che sia preponderante l'interesse aziendale più che quello del Medico e pertanto queste ore richieste al dipendente dall'Azienda e concordate e controllate, debbano essere in ogni caso ricomprese nell'ambito dell'orario di servizio settimanale, in quanto ore svolte e verificate secondo i normali metodi di documentazione della presenza in servizio.

    Non vengono fatte per ora rientrare in questa tipologia le prestazioni aggiuntive svolte per conto di altra Azienda (ad esempio un'Azienda contigua per territorio). Questa forma di Libera Professione viene considerata non computabile anche se può essere svolta solo se esiste un accordo tra le due Aziende Sanitarie che devono “deliberare” un accordo vicendevole che permetta ai Medici di una Azienda a lavorare “ad ore” presso altra Azienda. Anche questo trasferimento di denaro avviene tra le due Aziende e solo in un secondo momento perviene – con le opportune detrazioni fiscali – ai Medici che hanno effettuato queste ore aggiuntive. Riteniamo quindi che anche queste ore aggiuntive debbano essere computate nell'ambito delle ore settimanali che concorrono a giungere al tetto di ore massimo settimanale. Questa interpretazione – non da tutti condivisa – nasce da tre considerazioni abbastanza banali :

    • 1) le ore di lavoro prestate in una Azienda diversa incidono sulla stanchezza o salute del lavoratore come le ore svolte presso la propria Azienda, inoltre potrebbero avere un effetto diretto sugli orari prestati nella propria Azienda in quanto la stanchezza e “propria” di quel lavoratore;

    • 2) il principio da cui nasce la normativa sugli orari di servizio è proprio la tutela della salute del lavoratore e la sua efficienza fisica nell'ambito lavorativo; questa interpretazione come “ore non computabili” potrebbe portare a una riduzione dell'attenzione del lavoratore con implicazioni dirette per quanto riguarda il “Risk management”;

    • 3) Non bisogna inoltre dimenticare che le suddivisione territoriali ed ospedaliere delle Aziende Sanitarie sono artificiose e variabili nel tempo. In questo periodo assistiamo ad un processo di riduzione del numero delle Aziende e di accorpamento tra Strutture Ospedaliere che rende ridicolo il discorso su Aziende diverse, infatti dall'oggi al domani potrebbero confluire in un'Azienda unica che porterebbe le stesse identiche ore di prestazioni aggiuntive ad essere considerate diversamente. In definitiva riteniamo che le ore di lavoro, riconducibili da una Azienda Sanitaria ad uno stesso individuo, debbano essere computate a quel medico nella somma settimanale. Tutto ciò trova anche giustificazione nella equiparazione delle diverse tipologie di lavoro aggiuntivo, in modo che queste vengano equamente distribuite tra gli specialisti di quel ramo, evitando discrepanze importanti nelle possibilità di guadagno tra Medici Specialisti perfino della stessa U.O.C.

  • In base al D.Lgs. 66/2003 (Link al 1° comma dell'Art.17) sono previste deroghe.

    Queste deroghe debbono peraltro essere motivate da condizioni assolutamente straordinarie, imprevedibili, e devono essere limitate ad un periodo preciso. L'impossibilità della copertura dei normali ordini di servizio di una U.O.C. deve essere segnalata tempestivamente dal Direttore di U.O. (o il responsabile f.f.) alla Direzione Sanitaria competente in modo da allontanare da sé la responsabilità di non rispettare le norme ed evitare le relative sanzioni. E' peraltro da segnalare che le sanzioni scatterebbero solo se qualche medico dipendente da quel Responsabile di U.O.C. denunciasse questo mancato rispetto delle norme. Questo fatto si inserisce “malignamente” nel rapporto all'interno di una U.O.C. in quanto sembra costituire un motivo di ricatto all'interno di un gruppo di lavoro che – per dare i migliori risultati – deve assolutamente collaborare senza remore.

    Peraltro deroghe all'orario massimo di lavoro settimanale, al periodo di riferimento su cui calcolare le ore di lavoro medio settimanale, se le ore di ferie ricadenti in quel periodo debbano essere considerate lavorative o “di riposo”,

  • Lavoro Notturno.

    Non v'è ancora certezza sul numero di ore di riposo necessarie per superare la stanchezza di un turno notturno.

    Alcuni ritengono che un riposo protrattosi per tutte le ore diurne della giornata (8 – 20, cioè dal momento in cui termina il turno notturno) nell'ambito quindi delle undici ore di riposo prescritte dalla legge, sia più che sufficiente per cui un medico potrebbe svolgere per due notti consecutive un turno di guardia notturna.

    Altra interpretazione si basa invece sulla seguente deduzione : l'orario di lavoro notturno non può essere superiore alle otto ore in quanto, proprio per la peculiarità del “servizio notturno” il legislatore sembra assegnare almeno 16 ore di riposo successive al termine del turno notturno. Al termine di un turno notturno di guardia ospedaliera medica, che in tutta Italia è di 12 ore (dalle 20-24-0-8, oppure 21-24-0-9, come accettato nei vari CCNL che indicano proprio quell'orario per le notti ex-art. 55) andrebbero sommate queste 16 ore alle 4 ore rimanenti di servizio non-notturno (Queste 4 ore aggiuntive alle 8 ore di servizio notturno, sono rese possibili per deroga specifica introdotta nell'art. 7 del CCNL integrativo 2004 - Link). Ricordiamo che per “ore notturne” si intendono quelle che vanno dalle 22 alle 6 del mattino. Insomma, dopo una guardia notturna di 12 ore, non solo non si può rimanere ulteriormente in servizio (vedi anche problematiche assicurative) ma è necessario riposare effettivamente fino al turno diurno del giorno successivo.

  • Contrattazioni Periferiche.

    Dalla Legge in vigore, sono assolutamente ed esplicitamente proscritte le contrattazioni di livello inferiore, cioè quelle aziendali e regionali. Sono previste quelle a livello nazionale per adattare le norme europee alle peculiarità nazionali (E' l'unico motivo per cui si deve richiedere la riapertura delle contrattazioni nazionali. Considerato però che non vi sono fondi da destinare ai medici, è forse pericoloso insistere per un nuovo CCNL).

Peraltro abbiamo assistito in questi ultimi giorni a delibere unilaterali da parte di diverse Regioni (vedi sito) in cui con una semplice delibera, scritta in aperto contrasto con il metodo della contrattazione indicato nei Contratti Nazionali di Lavoro Medico quando si spostano i carichi di lavoro e le incombenze dei lavoratori, stravolgono di fatto – a nostro modesto parere – uno degli aspetti più onerosi della specifica attività medica : la reperibilità d'urgenza notturna.

    3) Interpretazioni da Noi non condivise e definibili solo di comodo.

  • Purtroppo il lavoro dei Medici Dirigenti è caratterizzato, loro malgrado, da una rilevante attività svolta in regime di reperibilità notturna. In base ai CCNL precedenti il servizio di pronta disponibilità è normato in modo abbastanza preciso: turni di dodici ore notturni indivisibili retribuiti da tempo immemorabile soli 20 € lordi per turno di 12 ore (1,66 € lordi/ora). Tali turni di 12 ore non dovrebbero essere richiesti al dipendente in misura non superiore ai 10 turni al mese. Il servizio di pronta disponibilità dovrebbe essere attivabile e retribuibile esclusivamente per le ore notturne, in quanto il servizio diurno dovrebbe prevedere la presenza dei medici in servizio attivo dalle ore 8 alle ore 20, cioè nelle ore diurne. Questo non è possibile in tutti gli ospedali italiani da sempre. Negli ospedali italiani medio-piccoli, difficilmente il reparto di chirurgia generale, cui peraltro si chiede un servizio H24 per le urgenze, ha un organico sufficiente a predisporre turni di servizio di guardia e di presenza attiva per gli interventi pervenuti al ricovero con carattere d'urgenza. In queste situazioni le Aziende hanno spesso attivato la reperibilità pomeridiana, cioè per le ore comprese tra le 14 e le 20. Questo è possibile grazie al comma (Link comma 5 art. 17  CCNL 2002-2005) che prevede la possibilità di reperibilità in ore, purché il turno di reperibilità non sia inferiore alle quattro ore; viene stabilito anche che la retribuzione della reperibilità in ore – proprio perché va a sanare una difficoltà oggettiva della copertura dei turni di servizio aziendali – è superiore del 10 % della retribuzione delle ore notturne: quindi ben 1,80 € lordi/ora: una vera cuccagna!

    La reperibilità è quindi un grosso scoglio per l'organizzazione della vita familiare del Medico Dirigente (però dipendente a tutti gli effetti); esso, in relazione a organici ridotti all'osso in ospedali piccoli o in servizi specialistici di grossi ospedali, è sottoposto da anni ad una pressione stressante che gli da l'impressione di non lasciare mai effettivamente il luogo di lavoro. Quando non è in servizio è reperibile, fino a ridurre davvero al minimo le giornate da passare in famiglia.

    Il riposo settimanale di 24 ore continuative, ma anche almeno 20 notti al mese devono essere scevre da reperibilità notturna in quanto i periodi di riposo devono essere programmati in modo che si possa “dedicare liberamente e senza interruzioni ai propri interessi extralavorativi per neutralizzare gli effetti negativi del lavoro sulla sua salute”.

    E' necessario precisare che l'istituto della pronta disponibilità non può essere computato come ore di servizio (manca la caratteristica fondamentale della presenza nel luogo di lavoro), ma è innegabile che durante le ore di reperibilità un medico possa dedicarsi senza interruzioni ai propri interessi diversi da quelli lavorativi. Quindi le ore di reperibilità non sono ore di servizio ma non sono neppure ore di riposo.

    Invece la Regione Lombardia – seguita da un codazzo comprendente tutti i Sindacati della Dirigenza Medica – ha immediatamente deliberato che le ore di lavoro in reperibilità sospendono il riposo ma non lo interrompono. Per il Co.A.S. questa è una vera follia interpretativa che va contro lo spirito della legge e contro le norme già esaminate riguardanti il lavoro notturno.
    Un Sindacato che voglia dignitosamente difendere e rappresentare le necessità dei propri iscritti non deve affannarsi a trovare giustificazioni per questa interpretazione, deve schierarsi con i Medici che corrono di notte negli ospedali su chiamata e difendere ad ogni costo il loro recupero psicofisico. Viene da chiedersi se questa interpretazione non sia stata scritta da qualcuno che, avendo passato la vita dietro una scrivania, non è mai stato chiamato a correre in sala operatoria nelle prime ore della notte per uscirne alle prime luci dell'alba. Chi scrive lo ha dovuto fare spesso e ritiene che le ore di recupero successive debbano essere congrue.

    Per essere congruo il riposo successivo deve essere almeno pari alla somma delle undici ore di riposo spettanti dopo il turno diurno ed il doppio delle ore di presenza notturna in ospedale (come nel calcolo delle ore di riposo spettanti dopo la notte di guardia) a cui vanno aggiunte le due mezze ore: una per l'arrivo in ospedale e la seconda per il ritorno a casa. Se alle 11 ore di riposo iniziate ad esempio alle ore 16 aggiungiamo il doppio delle 4 ore necessarie per l'intervento medico notturno, raggiungiamo il numero di 19 ore complessive che permetterebbero un riposo sufficiente al rientro in servizio. Invece la Regione Lombardia ha già deciso che il lavoro notturno in reperibilità non giustifica un allungamento del riposo precedentemente attribuito in base all'orario di servizio. Eppure la presenza in ospedale per chiamata notturna in reperibilità corrisponde perfettamente alla definizione di “orario di lavoro”: “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività e delle sue funzioni”. Aggiungiamo anche una ulteriore osservazione : se la presenza in ospedale per “lavoro notturno dovuto allo stato di reperibile” supera le 4 ore consecutive è da considerarsi come “giornata lavorata” in quanto, per essere considerata come giornata di lavoro è sufficiente aver lavorato pochi minuti più della metà delle abituali ore di servizio di una giornata: una giornata di lavoro è costituita da 7 ore e 36 minuti; se uno lavora quindi per 3 ore e 50 minuti ha già lavorato per quel giorno. Potrebbe comunicare tranquillamente ai Colleghi che per quel giorno ha già lavorato, che ha sonno e non sa se l'indomani riuscirà ad essere presente : “per quel giorno ha già lavorato”. In questi termini dovrebbe avvenire una contrattazione nazionale accettabile per Sindacati che vogliano svolgere il loro ruolo di difesa della categoria: il Co.A.S. porta avanti queste idee e principi; una contrattazione periferica che pare non sia neppure possibile avviare.

  • Sanzioni.

    Ed anche qui non si può essere d'accordo.

    Le Aziende sanitarie – penso tutte o quasi – si sono precipitate non a ridiscutere i piani di lavoro o a ridistribire il personale per far fronte alle necessità di rendere a norma gli orari nei Reparti più in sofferenza, si sono invece affrettate a ricordare ai Direttori di U.O.C. che sono “responsabili” del buon andamento del reparto, che devono predisporre i turni in anticipo e con cadenza mensile, che devono rispettare le nuove norme sui ritmi di lavoro e di riposo in quanto sarebbero individuati come colpevoli di non riuscire a far la quadratura del cerchio e quindi titolari delle Sanzioni.

    D'improvviso tutto quell'apparato burocratico di controlli incrociati aziendali che viene tempestivamente da tutti i Direttori di U.O.C. informato mensilmente o settimanalmente dei turni di servizio attivo e di reperibilità che saranno svolti da ogni componente dell'equipe medica (ed infermieristica), d'improvviso quest'apparato afferma di svolgere solo funzione di archivio ai fini di eventuali contestazioni ma non svolge alcuna azione di controllo sul rispetto delle norme e che non ha alcuna responsabilità sulle inosservanze e sulle denunce che verranno eventualmente presentate al Giudice del Lavoro da parte di qualche dipendente.